lunedì 19 marzo 2012

Black out - 6



(segue da qui)

E ogni cosa nel bosco si ferma per interminabili secondi, gli occhi del mondo e dell'universo intero sono su di lui: i muschi del sottobosco e i vermi sottoterra, gli insetti sui tronchi degli alberi e le falene nell'aria, il polline e la polvere che fluttuano nel silenzio, i raggi della luna come riflettori puntati su un set, il volto tetro della Luna, con gli occhi scavati, oceani scuri nelle orbite, bocca spalancata in un silenzio agghiacciante, un giudizio severo come un'ascia tagliente cala su di lui con muta violenza. Ogni cosa e ogni creatura lo guarda. Ora sarà braccato, ora cominceranno la fuga la caccia.

Lei si copre di scatto, cambia volto, ira furente, urla, i lupi digrignano i denti e si muovono verso di lui.
Massimo -per gli amici Max- prova una fitta lancinante al petto, poi si volta e scappa, corre, corre, inciampa, si perde, corre. Corre senza voltarsi per un tempo che sembra interminabile. Ansima, le orecchie tese a distinguere il rumore della sua corsa da quello del fiato dei lupi, che sente a una distanza imprecisabile, lontani, ma a tratti lo sente, caldo e tagliente, sui polpacci, indolenziti e pesanti. Nella sua mente, in sottofondo, coperte dal suono del respiro greve, si rincorrono domande, incredule, e promesse di morigeratezza futura fatte a non sa nemmeno lui chi.

Corre per ore, giorni, mesi interi, anni -o così gli pare, sente di stare invecchiando in quella corsa a perdifiato, a tratti non ricorda ci sia mai stato altro nella sua vita che quella corsa disperata. Il suo volto ha perso ogni espressione, le gote vibrano ad ogni passo sfiancante, il fiato perennemente sul punto di finire, il cuore che lacera il petto in una ferita dolorosa tra le costole. Una teoria sempre uguale di tronchi, rami cadenti, arbusti, fogliame scuro disteso, linee di polvere e sottili lame di luce arancione su pesanti lame di oscurità, echi e brina sulla pelle scorre davanti ai suoi occhi come una galleria di umidità che sempre lo inghiotte ma che non ha fine, nessuna luce si scorge in fondo.

A volte ha la sensazione di aver dormito nella corsa, gli pare che questa sia la sua vita - una corsa dissennata, una penitenza, espiazione della colpa di aver consumato la vita che gli è stata concessa fino a quel momento una perpetua ma fatua soddisfazione della carne; la colpa di aver dissipato un patrimonio di umanità inestimabile. Rammenta, Massimo -per gli amici Max, una lunga teoria di corpi violati inutilmente e si pente per ognuno di essi. Se ne esco vivo, si dice, cambierò vita.

Finalmente arriva alla porta dell'appartamento - bosco, esce, la chiude con violenza. Si appoggia ansimando alla porta e si accascia, cedendo lentamente alla stanchezza.


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