giovedì 11 febbraio 2010

Black out - 2



(segue da qui)

All'uscita aveva avuto la visione della mulatta, come di una regina della disco anni '70, sui tacchi bianchi e il vestito viola attillato, i capelli sciolti e vaporosi, camminava diritta venendo da non seppe mai dove (l'avrebbe notata di certo, se fosse stata nella discoteca) e andando verso dove non capì, neppure quello. Nella nebbia della fatica delle sue fibre e della sua materia grigia, abbordò la ragazza pensando di pareggiare il conto col suo amico, ma appena la fissò negli occhi, alla fioca luce dei lampioni del parcheggio, impietrì e indietreggiò, spaventato, ne divenne schiavo, ne bramò il possesso più di ogni cosa, e perse il controllo delle sue gambe, lo sguardo fisso su di lei, la seguì e disse qualcosa, non ricordava cosa, ma si risvegliò dalla trance alcoolica e ormonale con in mano un biglietto con su scritto il suo numero di telefono. Circondato dagli amici che ridevano di lui, ricordava appena, come risvegliandosi dal sonno in quel momento esatto, che -forse- ella acconsentì a dargli il suo numero di cellulare purché la lasciasse in pace, e poi sparì verso il fondo semi oscuro del parcheggio, dove due luci e un motore acceso sembravano attenderla.

E' passato circa un mese, durante il quale ella non ha mai risposto alle sue telefonate, oppure non ha acceso proprio il telefonino; ma lui deve averla, deve assolutamente. Un'altra tacca sul bavero della giacca, un'altra lucida medaglia, il più bello dei trofei da esibire, ne avrebbe parlato negli anni a venire come di una battaglia campale, la vittoria più grande!
Così Massimo -per gli amici Max- ha interpellato quel suo amico che lavora nel call center e che gli deve un favore: ottenuto il nominativo dell'intestatario di quella utenza, si è subito mosso, trovato l'indirizzo con l'aiuto del navigatore satellitare, ha messo in moto la Golf ed è partito, alla conquista della sua ossessione. Ha trovato il luogo, ha parcheggiato, ha spento il motore e ora attende fermo sul sedile, guardando l'alto palazzo della ordinaria periferia urbana. Interno 39, c'é scritto sull'appunto che ha in mano: dev'essere l'attico, senza dubbio.
Ora sta per andare, sta per scendere dalla macchina. Sa che non è esattamente corretto quello che sta facendo, non si spia nella vita privata degli altri, ma queste sono sottigliezze, e poi da 30 giorni è in paranoia, ebbro della sua adrenalina come quella del cacciatore che fiuta la preda, ritiene di essere anche vittima di un affronto: perché la ragazza ha opposto resistenza alle sua advances, un mese fa?
Uno col suo curriculum non può sostenere un rifiuto senza reagire. Farà leva sul suo fascino.
Scende dalla macchina dopo aver tirato un pò, quel tanto che basta per scacciare definitivamente un senso di disagio che a uno come lui dovrebbe essere sconosciuto; dimentica persino la radio accesa, e va alla conquista. La radio continua a cantare, da sola, la sua canzone come un presagio:

So she had built her elaborate home
With its ups and its downs, its rains and its sun
She decided that her work was done, time to have fun
And she found a game to play




(continua)

Nessun commento: